Due figure sedute composte: A e B in uno spazio angusto. Tra di loro un vetro.
A- Ti ho comprato un regalo
B- Che cos’è?
A- Non posso dirtelo. Non voglio rovinare la sorpresa.
B- Non mi piacciono le sorprese. Una volta mio padre mi comprò un regalo. Lo nascose sotto il letto, lo trovai mentre giocavo a nascondino. Lo scartai. Dentro c’era un robot ma non mi piaceva. Io volevo un camion dei pompieri con le luci vere, non un robot cameriere. Lo lasciai sopra il letto e fece sesso con la bambola di mia madre. Mi beccai tre schiaffi.
A- E’ giusto, non si rovinano le sorprese.
B- Ora invece vorrei un robot, come quello che aveva comprato mio padre. Non mi dovrei mai alzare. Non dovrei mai cucinare. Non dovrei mai lavare i piatti. Non dovrei mai…
A- Posso farlo io! (si alza all’improvviso, con enfasi ed entusiasmo, ma rientra subito in sé) Io invece avevo chiesto a mia madre una Barbie da collezione. Era una Marilyn Monroe, bella e costosa. Mi disse di vergognarmi, quello è un lusso inutile, mi disse. Mi beccai tre schiaffi.
B- E’ giusto. Non si sprecano i soldi con il lusso.
A- (si alza) Ora vado
B- Dove vai?
A- Ho bisogno di un vestito nuovo. Vorrei celebrare.
B- E quando avrò il mio regalo?
A- Bisogna avere pazienza
B- Giusto. Bisogna saper aspettare
A- Io sono bravissima, davvero brava ad aspettare
B- Almeno dimmi, è un bel regalo?
A- Molto bello. Molto grande. (con improvviso entusiasmo) Potrebbe essere anche mio se vivessi qui! (torna in sé) Ora vado.
B- Compri un vestito?
A- Sì. Un bel vestito. Un vestito come non l’ho mai avuto prima.
B- Se ora avessi quel robot manderei lui a comprarlo per te!
A- Grazie! Se rinasco, voglio essere una Barbie da collezione.